“L’uomo visibile”: le verità che non vogliamo vedere
- Elisa Lucchesi
- 16 giu
- Tempo di lettura: 2 min

Chuck Klosterman, con L'uomo visibile, ci trascina in un viaggio inquietante e provocatorio alla scoperta della vera natura umana. Conosciamo mai davvero qualcuno, o solo la versione che vuole mostrarci?
Il romanzo indaga cosa significhi vedere la vita non vista, quella che scorre quando crediamo di essere soli e non osservati. È lì che, secondo Y____, il protagonista enigmatico, si rivela la nostra essenza più autentica. Ma come siamo davvero quando nessuno ci guarda? E cosa accade quando osservare gli altri diventa un’ossessione?
La storia ruota attorno a Victoria Vick, psicologa contattata da un paziente misterioso, Y____.
Ex scienziato coinvolto in un progetto governativo segreto, Y____ sostiene di aver sottratto una tecnologia che lo rende quasi invisibile.
La sua terapia? Confessare a Victoria come, grazie a questa capacità, spii le persone nei loro momenti di solitudine, convinto che solo così si possa cogliere la loro verità.
Ma mentre i suoi racconti si fanno sempre più inquietanti, Victoria scivola in un vortice che rischia di travolgere la sua carriera, il suo matrimonio e la sua stessa identità.
Il rapporto tra i due si fa sempre più tossico: più Y____ si mostra sprezzante, ambiguo e manipolatorio, più Victoria pende dalle sue labbra, attratta dalla sua mente contorta e affascinata dalla possibilità di decifrarlo. Un legame malato che la consuma, mentre lui gioca con la sua fragilità emotiva.
Klosterman ci porta così a riflettere sulla tensione tra la persona pubblica e l’io privato.
Osserva Bruce, un venticinquenne single che dopo il lavoro beve birra con i colleghi e a casa si rifugia in un’esistenza parallela online; un donnaiolo mezzo messicano che dietro la maschera sicura di sé cela vuoti inaspettati; i "tizi pesanti", burberi motociclisti che si abbandonano a discorsi filosofici e soprattutto Valerie.
L’esempio di Valerie è emblematico: in pubblico è integrata e socievole, ma quando è sola si rivela "un disastro", prigioniera di cicli di cibo, attività fisica compulsiva e dipendenza dall’erba.
Con le altre persone Valerie "diventa" felice, un’illusione necessaria per sentirsi accettata.
Questo solleva la domanda: la versione solitaria è davvero quella più autentica o solo una variante non filtrata e socialmente inaccettabile di noi stessi?
Lo stile di Klosterman, ironico e tagliente, si esprime in una struttura narrativa originale fatta di note, lettere e trascrizioni, che mette in risalto la sua abilità di esplorare scenari ipotetici con una voce inconfondibile.
L'uomo visibile è anche una riflessione sull’etica del progresso: la scienza è al servizio dell’uomo o del sapere fine a se stesso? E se fosse la seconda, a cosa serve davvero?
Con intelligenza e umorismo, Klosterman ci offre un’esperienza di lettura capace di divertire e stimolare, lasciandoci la voglia di osservarci meglio nei nostri momenti di solitudine e chiederci: cosa vedrebbe Y____?
A chi lo consiglio?
A chi è affascinato dalle complessità della mente umana, a chi non teme di porsi interrogativi scomodi e a chi cerca un romanzo capace di intrattenere e, al tempo stesso, di spingere a riflettere profondamente sulla condizione umana e sui nostri più intimi segreti.
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