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Lavorando su un incipit... Editing è confronto

  • Immagine del redattore: Elisa Lucchesi
    Elisa Lucchesi
  • 30 giu
  • Tempo di lettura: 4 min

editing

Ho conosciuto Piero al Salone del Libro.

Eravamo in fila per entrare a un evento e stavamo proprio commentando che, con la nostra fortuna, avrebbero bloccato gli accessi proprio quando sarebbe toccato a noi.

E infatti, così è stato.

Poi, per fortuna, ci hanno graziati e siamo riusciti a entrare lo stesso.


Piero ama scrivere. Durante la settimana santa del Salone del Libro pianta le tende al Lingotto: ascolta, si informa, si forma. E questo, ahimè, non è affatto scontato.

Tanti autori si comportano come se fossero già Cesare Pavese. Piero, invece, no.

Così gli ho chiesto, se gli andava, di mandarmi l’incipit di qualcosa che aveva scritto.

Solo per un confronto leggero, senza impegno.

Per inserirlo nella mia rubrichetta "Se fossi la tua editor ti direi…"

Questo è quello che ne è venuto fuori.


Premessa


Ho letto solo l’incipit, non l’intero manoscritto, e questo, in ottica editoriale, fa una grande differenza. È stato, in un certo senso, un esperimento: mi sono posta alcune domande chiave.

  • Cosa mi trasmette questo inizio?

  • Mi verrebbe voglia di continuare a leggere?

  • C’è qualcosa che non capisco o che mi confonde?


Mi sono messa nei panni di un lettore. Ma di un lettore un po’ più attento del normale, un po’ più critico.

Ecco cosa ne è emerso.


L’incipit

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Alla prima lettura ho evidenziato i passaggi che non mi risultavano del tutto chiari, e alcuni punti che avrei voluto rileggere con più calma.


Le prime impressioni


✅ Cosa funziona bene


a. Tonalità e voce

La voce narrante è riconoscibile, coerente, con un registro basso-medio arricchito da punte ironiche e momenti di intensità emotiva.

I soprannomi surreali (Sciacallodebole, Cane) aggiungono personalità ai personaggi in poche battute.


b. Uso del dettaglio concreto

Funziona molto bene l’attenzione al gesto minimo: “il pollice nascosto nel pugno dietro la schiena, nella posizione del riposo alto e formale” è un dettaglio che dà spessore, ancorando la scena a un contesto realistico e coerente con la tensione percepita.


c. Immagini originali

Consistenza cartacea piena, forma cilindrica un po’ a carciofo” è un’immagine visiva, strana, originale e per questo molto efficace. Conferisce all’autore una voce distintiva.


d. Spostamento di registro

Il passaggio dal giuramento assurdo allo spinello, poi al VHS smagnetizzato e infine alla madre che piega le buste: è un salto che stranisce, ma incuriosisce.

Funziona bene il contrasto tra il tono solenne e l’irruzione del quotidiano, tra tecnologia obsoleta e memoria, tra istituzioni e relazioni intime.


⚠️ Cosa rischia di non funzionare


a. Rischio di confusione

La linea tra surreale e incomprensibile è sottile.

Alcuni elementi — come Sfrghsfrrrgrff o il passaggio improvviso dalla scena militare al VHS — potrebbero disorientare troppo presto, prima che il lettore trovi un appiglio.

Da qui alcune aggiunte, tipo: E poi, il nero. La videocassetta si è bloccata. Il nastro gratta.


b. Troppa densità in poco spazio

Accadono molte cose in poche righe, e su piani molto diversi: un giuramento, uno spinello, una videocassetta, una madre, un errore gerarchico…

Il rischio è che il lettore non riesca ad afferrare un punto fermo, né emotivamente né narrativamente.


c. Alcune frasi poco chiare o scorrevoli

Alcune frasi criptiche o da rivedere per fluidità.


Rispondo alle mie domande, prima di partire con l’editing


Prima ancora di mettere mano al testo, mi sono fermata a riflettere sulle tre domande che mi ero posta all’inizio. È un passaggio che reputo fondamentale: serve a orientare lo sguardo e a capire se, come lettrice critica, sto entrando davvero in relazione con il testo.


Cosa mi trasmette questo inizio?

Una voce forte, riconoscibile. Mi sento piacevolmente straniata, ma anche un po’ destabilizzata.


Mi incuriosisce da voler continuare?

Sì. La voce è ciò che mi spinge avanti. Continuerei a leggere, confidando che alcune cose si chiariscano strada facendo.


C’è qualcosa che mi confonde?

Sì. Alcuni passaggi mancano di appigli.

Se il testo non offrisse un contesto più chiaro entro breve, rischierebbe di perdere lettori.


Solo dopo essermi data queste risposte ho cominciato a ragionare sull’editing.


Le mie proposte e modifiche

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I miei consigli


  • Mantieni il tono disturbante, ma dosa meglio il caos narrativo.

  • Costruisci un filo rosso che dia orientamento emotivo o narrativo.

  • Limita gli effetti troppo teatrali, a meno che non siano pienamente giustificati dal tono complessivo.

  • Dai un minimo di contesto subito: chi parla, dove siamo, perché questo momento conta.



Scambi di email finali


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La mia email
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La risposta dell'autore

Conclusioni: l’editing come confronto


Questo esperimento ha fatto emergere in modo chiaro alcuni punti fondamentali sul lavoro di editing e sul valore che può assumere quando diventa uno scambio autentico tra autore e editor.


L’editing NON è mera correzione

È un confronto aperto tra due sguardi: quello creativo, immerso nella scrittura, e quello esterno, più lucido e orientato al lettore.


L’obiettivo non è “aggiustare” un testo, ma metterlo a fuoco

Un editor non impone soluzioni, ma aiuta l’autore a chiarire le proprie intenzioni narrative, rafforzando coerenza, ritmo e senso.


Il confronto accende possibilità

Come è successo qui, un’osservazione può generare nuove idee, rivelare connessioni, o suggerire un cambio di prospettiva che migliora il testo senza tradirlo.


Una voce riconoscibile va custodita, non normalizzata

Il compito dell’editing è accompagnare quella voce, darle spazio e precisione, non uniformarla a uno stile preconfezionato.


Un buon editing nasce da un ascolto attento

Quando l’autore si sente accolto, non giudicato, è più libero di confrontarsi e di rimettere in discussione alcune scelte in modo produttivo.


Questo è il tipo di confronto che arricchisce davvero il testo, certo, ma anche chi scrive e chi legge.

Ed è anche la prova che, nel lavoro editoriale, la cura è sempre un atto condiviso.

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