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Tre libri per conoscere la Cina - Starter Pack

  • Immagine del redattore: Elisa Lucchesi
    Elisa Lucchesi
  • 28 ago 2024
  • Tempo di lettura: 6 min
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Cosa ho amato di più del mio corso di Laurea?

Ovviamente i corsi di letteratura! E in particolare di letteratura cinese.


Non è una narrativa amata da tutti: in generale si sa poco della Cina, sono ancora troppi gli stereotipi limitanti e i pregiudizi poco veritieri, senza contare che si tratta di una letteratura cupa, dolorosa, indissolubilmente legata alla storia, alle contraddizioni e all’incoerenza della sua Nazione. Ma rimane una letteratura bellissima e degna di essere scoperta, letta e apprezzata.


Negli ultimi tempi fortunatamente se ne parla un po’ di più e stiamo assistendo anche all’affermazione di nuovi autori, più aperti al mondo occidentale e al confronto, più critici e avvezzi alla denuncia sociale. Autori inevitabilmente legati alla storia del proprio Paese, ma che ne riconoscono i limiti e ammettono gli aspetti oscuri.


La Casa Editrice Add Editore, nella sezione “Asia”, sta dando voce a molti di loro.

È il caso di Leta Hong Fincher, sino-americana, che con Tradire il Grande Fratello, ci regala un’opera densa di critica sociale e che ci racconta di un mondo in cui per parlare di femminismo e diritti delle donne, bisogna trovare degli escamotage, come le emoji 🍚​🐰​ (pinyin: mi - riso; tu coniglio) così da eludere la censura e i controlli. O di Han Song, scrittore di romanzi fantascientifici che con Oceano Rosso, ci racconta un mondo distopico, brutale, dove le donne e il cibo sono mezzi di scambio e i rapporti fraterni soccombono al cannibalismo.


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È il caso di citare anche Orientalia Editrice, che sta facendo un ottimo lavoro in termini sia di riscoperta e pubblicazione di vecchie glorie, sia nel far conoscere anche in Italia nuove voci.

Cito Xiao Bai con Isolati, un noir ricco di colpi di scena ambientato nella Shanghai degli anni ’30, in cui tutto è in divenire e nulla è come sembra;

Liu Zhenyun, che con Gli occhi della terra, parte dalla satira del sistema scolastico per modellare con ironia e umorismo i suoi personaggi, maschere della società cinese contemporanea e delle sue contraddizioni;

Lu Min con Cena per sei, dove l’autrice scava con ironia dissacrante e tenerezza nei ricordi dei sei protagonisti, raccontando la quotidianità, i segreti inconfessabili, la devastazione e la fame d’amore della classe media cinese.


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Per comprendere e apprezzare veramente tutte queste nuove uscite, carpirne le sfumature e coglierne ogni aspetto, capire perchè c'è tutto questo malcontento e questo clima di denuncia sociale, penso che sia importante fare qualche passo indietro.

E se proprio non vogliamo partire dalle origini e iniziare leggendo i Quattro grandi romanzi classici (四大名著), pubblicati durante la dinastia Ming (1368-1644), potrebbe forse essere utile conoscere almeno questi tre romanzi di cui ho scelto di parlarvi.

Tre romanzi di tre grandissimi autori, che ho personalmente amato e che hanno contribuito a scrivere la storia della letteratura cinese.


La figura della donna nell’età pre-rivoluzionaria


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“Costretta ad abbandonare gli studi universitari per sfuggire alla rovina in cui è precipitata la famiglia, la giovane e orgogliosa Songlian decide di sfuggire al suo destino di povertà diventando la quarta moglie e concubina del ricco Chen Zuoqian”


L’infelicità emerge già dal titolo. La donna è solo una tra le tante, privata della sua unicità e individualità, alla mercé dei capricci e delle voglie di un uomo. Le donne sono disposte a tutto: meschini soprusi, giochetti crudeli, squallide macchinazioni, tutto pur di guadagnare i favori e la considerazione del marito, tutto pur di vedere la lanterna accesa davanti alla propria camera, segno che il marito/padrone l’ha scelta per la notte. Mai lasciarsi andare e fidarsi, soprattutto delle altre donne: è una lotta senza sangue e senza armi, ma ugualmente cruenta è dolorosa.

Songlian è giovane e bella, ma fragile come il suo nome (莲 lian – loto).

Si adagia sulla sua condizione, non riesce a comprendere i meccanismi di questo gioco crudele e si lascerà trascinare in un vortice di dolore e follia.

È un libro crudo e doloroso, in cui Su Tong caratterizza alla perfezione i personaggi e in cui non assolve né condanna nessuno. A nessuna delle donne infatti, che siano concubine, mogli, domestiche, schiave viene risparmiata la sofferenza.

A contribuire al suo successo la trasposizione cinematografica a opera di Zhang Yimou, Lanterne rosse.


Rivoluzione Culturale e Politica del figlio unico


Il titolo è un gioco di parole tra i caratteri 蛙 (wā-rana) e 娃 (wá –bambino).


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“Wan Xin, l’unica levatrice della zona di Gaomi. Il suo è un talento naturale che in breve tempo la trasforma nell’amata custode dei segreti della maternità. Ma quando, a metà degli anni Sessanta, il partito è preoccupato per l’esplosione demografica e decide di porvi rimedio, Wan Xin diventa la severa vestale della politica per il controllo delle nascite imposta dal regime e si applica a praticare aborti e vasectomie con lo stesso zelo con cui portava nel mondo nuove vite. Col passare degli anni la campagna per il controllo demografico acquista un carattere di violenza repressiva a cui la stessa Wan Xin non riesce a sottrarsi. Quando all’inizio degli anni Novanta, la stretta del regime si allenta, Wan Xin vede crollare i motivi e gli ideali in cui aveva creduto e con cui aveva messo a tacere la sua coscienza. Finché, in una drammatica notte, tornando a casa, si smarrisce in una zona paludosa: il gracidare delle rane le ricorda il pianto dei bambini mai nati, i corpi gelidi degli animali, come piccoli feti abortiti, la circondano, la ricoprono, spingendola a un ripensamento di tutta la sua vita. Wan Xin è un personaggio epico e tragico, le cui scelte e decisioni sono complesse, controverse, spesso discutibili: perché complesso e sofferto è il giudizio di Mo Yan sul suo paese.”


Questo è uno dei libri più crudi e dolorosi che io abbia mai letto.

È agghiacciante vedere come questa grande donna, completamente soggiogata dai voleri del Partito, cessi di essere quello è – una talentuosa e umana levatrice – e si trasformi in una crudele marionetta senz’anima e senza scrupoli.

Non ci pensa due volte Wan Xin: riceve, processa, esegue. Non si pone domande, non mette in discussione le nuove disposizioni, non ha ripensamenti di ordine etico e morale.

Trova le donne incinte, le rincorre, le scova e le stana con una lucidità e una spietatezza agghiaccianti.

Siamo passati dalla concubina pronta a tutto pur di compiacere il marito, a una cittadina pronta a tutto pur di esaudire gli ordini del Partito.

Un esempio chiaro e lampante del legame difficile da sciogliere tra letteratura, identità culturale, nazione e ideologia.

Mo Yan è un mago nel descrivere paesaggi e personaggi, la sua tecnica è sublime e ancora oggi, dopo oltre 10 anni, continuo a pensare a queste pagine.


La violenza come eredità e lascito della Rivoluzione Culturale


Di Yu Hua i più conoscono Vivere!, e recentemente in Italia è tornato alla ribalta con La città che non c’è, edito Feltrinelli.

Ma io voglio parlarvi di una raccolta di racconti splatter oltre ogni limite, pieni di scene raccapriccianti e macabre, che ci presentano la violenza in ogni sua forma: 1986, Un tipo di realtà, Passato e pene e Errore in riva al fiume, in Italia ce li fa conoscere Einaudi nel ’97, raggruppati in un romanzo: Torture.


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“Quattro racconti in cui Yu Hua coglie le contraddizioni tra le oscure pulsioni degli individui e l’indifferente razionalità paranoica delle norme sociali.

In 1986 il protagonista è un insegnante di storia delle scuole medie che fa ritorno al suo paese di origine dopo che le guardie rosse, durante il periodo della Rivoluzione culturale, lo hanno sequestrato. Scoprirà che tutto è cambiato: il paese è felice e ha dimenticato gli incubi del passato. Incapace di affrontare cambiamenti così profondi e già minato mentalmente a causa delle vicende trascorse, si autoinfligge delle torture fisiche, di cui lo scrittore dà ampi dettagli, che lo condurranno alla morte”

In Un tipo di realtà la storia verte intorno a una spirale di violenza domestica che si consuma tra le famiglie di due fratelli Shangang e Shangfeng, dovuta alla morte accidentale del figlio neonato di Shanfeng, causata da Pipi, il figlio di Shangang. Dopo che Shanfeng sceglierà di rivalersi sul nipote, uccidendolo a sua volta, il fratello Shangfeng lo appenderà ad un albero, facendolo divorare da un cane. “


Perché tutta questa violenza? Perché Yu Hua la sceglie come forma espressiva, per parlarci della violenza che il suo popolo ha dovuto subire: ci parla di corpi lacerati, sezionati, svuotati da ogni sentimento e pietà. Il corpo così violato e smembrato, rappresenta il tessuto sociale lacerato e torturato, quel popolo che è stato privato di ogni libertà e che dopo dieci anni dalla fine del massacro è ancora spezzato.

E in questo clima di confusione e smarrimento, la violenza resta l’unica strada percorribile, perché è l’unica al momento conosciuta.



Per chi avesse voglia di ampliare il suo Starter Pack, in occasione del Capodanno Cinese, la mia amica Fiona aveva detto la sua e ci aveva consigliato 5 romanzi.

Cliccate sul nasetto e andate a vederli!


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Miao! 猫🐱

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