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Immergersi in un quadro: I principi dello stagno Finn di Lars Elling

  • Immagine del redattore: Elisa Lucchesi
    Elisa Lucchesi
  • 21 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

I principi dello stagno Finn è un’esperienza sensoriale e visiva, un quadro che si dipinge pagina dopo pagina con parole che funzionano come pennellate. Lars Elling, al suo esordio letterario, mette al servizio della narrazione il suo sguardo da pittore, costruendo un mondo dove ogni suono, odore e colore ha una consistenza precisa, viva, quasi tangibile.


libro i principi dello stagno finn
I principi dello stagno Finn, Lars Elling - 21 Lettere

La storia si muove su due piani temporali: nel presente, siamo nel 1985, con Filip, un ragazzo che vive accanto a un melo che divide due case e due famiglie in silenziosa guerra; nel passato, ci spostiamo nel 1914, quando i fratelli Arnstein e Truls – ora adulti e separati da rancori mai chiariti – vivevano un’infanzia densa di natura, disciplina e avventura. Il cuore del romanzo batte qui: nel rapporto tra padri e figli, tra fratelli, tra memoria e identità. I flashback non sono semplici ritorni indietro, ma immersioni totali in un altro tempo, dense e cariche di dettagli, che chiedono attenzione e restituiscono bellezza.


Ambientato in Norvegia, più precisamente in zone rurali e lacustri.

Il testo non indica sempre con precisione i nomi geografici reali, ma alcuni indizi e atmosfere permettono di collocare la storia:

  • La parte del passato (1914) si svolge in un’area di foreste fitte, laghi, stagni e montagne, dove la natura è onnipresente, selvaggia e spesso ostile. Qui si trovano la casa dei fratelli Arnstein e Truls, il bosco dove cacciano e pescano, e lo stagno Finn, che dà il titolo al libro.

  • La parte del presente (1985) è ambientata in un villaggio o piccola comunità norvegese, dove vive Filip. È ancora un contesto rurale, ma più vicino al mondo moderno, anche se permeato dalla memoria e dai silenzi del passato.


Filip, che aspira a diventare artista, è il ponte tra questi due mondi. Il legame che nasce con il nonno Arnstein – detto “il Vecchio” – diventa il motore narrativo attraverso cui riaffiorano i ricordi di un’epoca passata, di un’educazione dura e di una natura onnipresente che era scuola, rifugio e nemica: le lunghe estati nel cuore della foresta norvegese, le avventure lacustri, la pesca, gli insetti, il silenzio dei boschi.


La natura non è sfondo, è personaggio. È madre, padre, testimone e giudice.

Non è idillio. È anche violenza: le scene di caccia, di pesca, sono descritte nei dettagli, senza filtri. Sono crude, disturbanti, eppure necessarie. Non c’è compiacimento, né superficialità: chi agisce lo fa con rispetto, spesso con amore. La natura viene temuta, onorata, abitata con consapevolezza. È parte del ciclo, e nel ciclo si combatte per sopravvivere.

Detesto la violenza sugli animali, ma qui non ho provato rabbia. Sono scene dure, ma oneste. Non c'è sadismo, solo vita nuda.


Elling non fa concessioni alla semplicità. Il suo stile è ricco, stratificato, poetico.

La struttura narrativa alterna la prima e la terza persona: la voce di Filip ci accompagna nel presente, mentre la terza persona racconta le avventure del passato. Questa alternanza è interessante ma a volte spiazzante, soprattutto perché i passaggi tra presente e flashback avvengono senza transizioni chiare. È forse l’unica vera nota dolente: può confondere chi cerca una lettura più lineare.


Non è un libro per tutti. Richiede concentrazione, tempo, partecipazione attiva. Ma regala, in cambio, un’intensità rara. Si entra nella storia lentamente, come si entra in un lago all’alba. E quando si è immersi, si vorrebbe restarci a lungo.


Un’opera prima sorprendente, intensa, visiva. Una lettera d’amore alla natura, alla memoria e all’arte del racconto.


Grazie a 21Lettere per avermi consigliato questo gioiellino – e per non aver mantenuto la copertina originale! Date un'occhiata e ditemi se non ho ragione!



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