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La casa del mago, l'esclusiva galleria di una vita

  • Immagine del redattore: Elisa Lucchesi
    Elisa Lucchesi
  • 9 set 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Emanuele Trevi fa il suo ritorno sulla scena letteraria con un romanzo ancor più intimo e personale: La casa del mago (Ponte alle grazie) il personalissimo museo del padre, in cui Emanuele ci permette di entrare in punta di piedi e di scuriosare tra i suoi oggetti, testimoni di una vita. Finalista al Premio Campiello 2024, Trevi si riconferma autore dall'inestimabile talento, in grado di coinvolgere e commuovere.


La casa del mago Emanuele Trevi Ponte alle Grazie Premio Campiello
 

Nel memorabile incipit di questo libro, la madre di Emanuele Trevi, allora bambino, riferendosi al padre pronuncia più volte un’istruzione enigmatica: «Lo sai com’è fatto». Per non perderlo (ad esempio fra le calli di Venezia, in una passeggiata dell’infanzia) occorre comprendere e accettare la legge della sua distrazione, della sua distanza.

Il padre, Mario Trevi, celebre e riservatissimo psicoanalista junghiano, per Emanuele è il mago, un guaritore di anime. Alla sua morte lascia un appartamento-studio che nessuno vuole acquistare, un antro ancora abitato da Psiche, dai vapori invisibili delle vite storte che per decenni ha lenito, raddrizzato. Il figlio decide di farne casa propria, di trasferirsi nella sua aura inquieta e feconda, e così prova a sciogliere (o ad approfondire?) l’enigma del padre. Muovendosi nel suo mutevole territorio − fra autobiografia, riflessione sul senso dei rapporti e dell’esistenza, storia culturale del Novecento − Emanuele Trevi ci offre il suo romanzo più personale, più commovente, più ironico (e perfino umoristico): una discesa negli inferi e nella psicosi, una scala che avvicina i vivi e i morti, i savi e i pazzi. Perché ogni vita nasconde una luce, se la si sa stanare; e i gesti e le parole più semplici rimandano alla trama sottile dell’essere, se li si sa ascoltare, se si sa lasciarli accadere.

 

Ermetico e taciturno, durante la sua vita Mario Trevi non si è mai raccontato né confidato.


Era fatto così”, e così bisognava accettarlo.

Lo accetta così - misterioso e indecifrabile - anche il figlio Emanuele, che da bambino fa di tutto per stargli accanto e che pur di farsi voler bene, cerca sempre di non farsi notare, di “non scivolare mai al centro della sua attenzione”.

Ma la casa che Emanuele ha ereditato alla sua morte sembra parlargli. Ha una potenza intrinseca che respinge i potenziali acquirenti e allo stesso tempo lo chiama a sé.


La casa è un luogo reale e simbolico, piena zeppa di oggetti, a loro volta densi e pregni di storie, ricordi e avventure. L’essenza del padre a lungo sopita, adesso si dimena, scalcia: vuole essere riportata a galla.

E il figlio decide di aprire le porte della Casa del mago, di lasciarsi travolgere dall’essenza di quello che è stato questo guaritore di anime inaccessibile e arcano.

Decide di scoprirlo, indagarlo e scrutarlo.


Un museo, idealmente, è un luogo che ospita migliaia di potenziali romanzi: gli oggetti hanno un potere e ognuno di loro può essere raccontato attraverso il suo uso – la funzione per la quale l’oggetto è nato – e la sua usura – l’uso che ne ha fatto una persona.


Così Trevi figlio spalanca anche a noi le porte di questo museo, per permetterci di girovagare tra i corridoi e perderci per le stanze dell’anima di Trevi padre, raccontandocelo attraverso

“una bizzarra congerie di oggetti di cui sono diventato il curatore e il custode, e di cui queste pagine sono una specie di catalogo ragionato.”

È un romanzo da leggere con calma, per non perdersi nulla e assaporare ogni pagina.

Una lettura che talvolta costringe a tornare indietro di qualche pagina: fatti e storie si legano ad approfondimenti di psicologia e psicanalisi, aspetti imprescindibili della figura del Mago.


Ci parla dell’enorme e maniacalmente ordinata scrivania, imponente testimone delle lunghe sedute con i suoi pazienti; ci racconta della coperta grigia infeltrita, che Mario si portava ovunque, anche nelle sue vacanze a Cortina, sulla quale ci sono due misteriosi buchi di proiettile; ci parla della lucerna romana di terracotta, ricevuta in dono durante un periodo doloroso della sua infanzia.

Ci parla dei sassi a cui restituiva la vita lucidandoli con la carta vetrata, dei suoi quaderni, nei quali mai si lasciava andare a confessioni nemmeno con sé stesso e dei suoi disegni, complicati ghirigori simili a Mandala, uno dei quali è diventato proprio la copertina di questo libro.


Ci parla di un padre che non ha mai compreso in vita e lo fa confidandoci le sue incomprensioni.

Lascia a noi lettori il compito di completare il lavoro dello scrittore, di estrapolare da questi aneddoti chi era Mario Trevi.

E noi lettori non possiamo far altro che ringraziare Emanuele di averci lasciato una copia delle chiavi della Casa del Mago.


Mario Trevi scrivania psicologo
Mario Trevi alla sua scrivania
 

Approfondimenti...


Intervista a Emanuele Trevi - Profumo di carta, Isola Vicentina, Ottobre 2023


 

SULL'AUTORE


Emanuele Trevi

Emanuele Trevi (Roma, 7 gennaio 1964) è uno dei critici più celebri della sua generazione oltre che premiato scrittore. Ha tradotto e curato edizioni di classici italiani e francesi: si ricordano testi dedicati a Leopardi, Salgari, e autori italiani del Novecento.

Tra le sue pubblicazioni: Istruzioni per l'uso del lupo (Castelvecchi 1994), Musica distante (Mondadori 1997), Figuracce (Einaudi 2014), Il popolo di legno (Einaudi Stile Libero 2015), Sogni e favole (Ponte alle Grazie 2019), Viaggi iniziatici (UTET 2021), Due vite (Neri Pozza 2021) vincitore del Premio Strega nel 2021 e La casa del mago (Ponte alle Grazie, 2023), candidato al Premio Campiello 2024.

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