Il mio 2024 in 5 libri indimenticabili
- Elisa Lucchesi
- 6 gen
- Tempo di lettura: 6 min

E anche il 2024 è volato via, lasciandosi dietro una pila di libri letti... e una pila ancora più alta di libri che aspettano pazientemente il loro turno (ce la farò mai a smaltirla?).
Inizio anno è sempre il momento perfetto per fare un bel bilancio e ripensare a ciò che ha reso speciale l’anno appena concluso, soprattutto quando si parla di letture.
Pronti a scoprire quali libri hanno reso il mio 2024 indimenticabile?
Magari troverete qualche titolo da aggiungere alla vostra lista infinita
(perché diciamocelo, non è mai troppo lunga).
Scegliere non è stato affatto facile, ma ecco qua i miei 5 libri preferiti del 2024!
Sono in ordine di lettura, perchè creare un'ulteriore classifica sarebbe stato impossibile.
Gennaio, iniziamo l'anno con il botto

Un libro che ti riempie il cuore e poi te lo spezza.
Una vita come tante di Hanya Yanagihara è questo: un’opera cruda e potente, che scava nei recessi più bui dell’animo umano senza risparmiare dettagli né emozioni.
Non è “la solita storia di quattro amici”. È molto di più. È il racconto della vita di Jude, un uomo segnato da un passato misterioso e doloroso, che si intreccia con le vite di chi lo circonda: Willem, JB, Malcom, Harold e Andy. Jude è il cuore di questa storia, con il suo bagaglio di traumi che si fa sentire in ogni scelta, in ogni relazione.
Il suo passato è il filo conduttore che lega tutto, un’ombra che lo definisce e, spesso, lo schiaccia.
Yanagihara non fa sconti: descrive abusi, traumi e sofferenza con una brutalità che lascia senza fiato, ma senza mai cadere nella trappola del sentimentalismo.
È una storia che ti toglie ogni certezza, eppure, nei suoi momenti più bui, riesce a lasciar intravedere uno spiraglio di speranza.
L’amore e l’amicizia diventano una luce, un antidoto alle crudeltà della vita, anche se mai privi di conflitti.
La dolcezza e la generosità di Willem, la saggezza e l'affetto di Harold, l’ironia di JB, i silenzi riflessivi di Malcom: ogni personaggio aggiunge una nota unica al complesso spartito della vita di Jude.
E, nel profondo, questa è una storia che parla di una lotta: quella di amare, ma soprattutto di accettare di essere amati.
Un viaggio lungo, difficile, che parte da Lispenard Street e rimane con te per sempre.
Marzo, proseguiamo con personaggi disastrati

Damon emette il suo primo respiro in una roulotte accanto ad una madre inerte, una bottiglia di gin e una folla di curiosi.
Una mamma adolescente precipitata nel vortice delle droghe, un padre venuto a mancare prima della sua nascita, un patrigno violento. Non le premesse migliori di un’infanzia raggiante.
Nonostante tutto, Damon è un bambino felice, con i suoi piccoli sogni e le sue gioie quotidiane ed è contento che il sole splenda su di lui come su un qualsiasi altro bambino.
Ma un’infanzia spensierata non è un dono scontato se nasci nella Lee County, Appalachi meridionali, Southwest Virginia.
Il sogno americano non esiste per chi viene al mondo in una terra sfruttata per le sue miniere, dove gli uomini sono visti solo come forza-lavoro, dove l’istruzione pubblica non può e non vuole offrirti alternative e i servizi sociali si girano dall’altra parte.
Sacrifici, dolore, sofferenza offrono terreno fertile alla diffusione degli oppiacei, piaga sociale degli Stati Uniti a fine anni ’90.
Damon cerca di estraniarsi, disegnando fumetti in cui i suoi eroi combattono a colpi di ironia e facendosi scudo con il sarcasmo. Ma quando fumetti e realtà si mescolano, i cattivi hanno quasi sempre la meglio sugli stanchi eroi.
Damon si trasforma in Demon: un eroe dei giorni nostri che cade, sbaglia, si smarrisce ma con resilienza e ironia cerca sempre di rimettersi in piedi e andare avanti – zoppicando – ma cercando di non lasciarsi schiacciare da quel destino che gli è stato imposto.
È un combattente e un sopravvissuto proprio come lo era stato David Copperfield nella Londra della rivoluzione industriale.
Un grande classico ripreso ed attualizzato in cui Damon si racconta in prima persona e nel farlo dà voce, come David prima di lui, ad una generazione smarrita e oppressa.
Un romanzo sulla resilienza.
Perché no, se un ubriaco non rispetta lo stop e ti sfonda la macchina, non sei fortunato. Ma se ne esci vivo, sei forte, oltre ogni aspettativa.
Giugno, madri ingombranti e dove trovarle

Un romanzo che si colloca all’interno del filone dell’auto-fiction, in particolare nel filone di quella tragica narrativa famigliare tanto cara agli italiani. Sfociare nella banalità poteva essere molto facile, ma il libro di Franchini non è un elogio della madre: è un romanzo indelebile e potente, dedicato ad una madre che di materno non ha niente.
Angela Izzo, beneventana di origine, sgherra e discendente dei Sanniti detesta tutto e tutti, compreso il suo nome.
Rimugina, rimastica, ribolle di un odio inesauribile: è un vulcano perennemente in procinto di eruttare, un fiume sul punto di straripare e al cedere degli argini, inonda e annienta chiunque intralci il suo passaggio.
Odia per differenza e per affinità, odia le femmine ancor più dei maschi, che comunque rimangono tutti dei fetienti; non ha amici, perché non servono e anche dai parenti è opportuno mantenere le dovute distanze.
È folle, incontrollabile, diffidente e sospettosa, invadente e inopportuna. L’odio è l’unico sentimento che ha appreso da sua madre ed è l’unico in grado di tramandare.
“Lei e sua madre sono questo: pensano male, pensano solo al male, immaginano solo il male. Peggio, non al male ma a quello che è il male secondo loro. Lo sospettano dovunque, lo vedono. Anzi, lo prevedono […] Vegliano sui miei sentimenti, non vogliono che li abbia. Vogliono che mi guardi dal male, da un male che non è il male ma la somma delle loro meschinità. Ma io è da loro che mi guardo, e le ricambio con l’unico sentimento che non gli ho mai visto disprezzare: l’odio. L’odio, sì, mi accende e m’infiamma, ma è un sentimento forte e fin troppo puro, per cui difficilmente perdura intatto, e quando si ritira lascia il posto a qualcosa d’altro, un limo grasso e fecondo, e tenace. È la vergogna, perché da sempre io mi vergogno di mia madre.”
È un memoir scritto magistralmente, crudo, ma in grado di strappare dei sorrisi amari.
Il linguaggio è impeccabile, vivido, talmente ricco da farti amare profondamente la lingua italiana.
Angela esce dalle pagine, ti entra dentro. E ti disprezza.
Ve ne avevo parlato qui.
Luglio, ah troviamo madri bizzarre anche qui

Aleksy odia sua madre.
Sua madre è brutta, antipatica, inappropriata; ha la sensazionale capacità di dire sempre la cosa sbagliata, di mettersi e di mettere in imbarazzo. Non sa vestirsi, non ha grazia, porta i capelli intrecciati che più che una sirena, ricordano un brutto pesce.
Ma ha dei bellissimi occhi, sprecati su una faccia tanto brutta, forse specchio di una bellezza svanita, deturpata, persa.
Aleksy odia sua madre per l’amore negato, gli abbracci respinti, i densi silenzi che lo hanno avvolto come una nube per tutta l’infanzia a causa di un devastante incidente familiare.
Aleksy odia sua madre, ma rinuncia alla vacanza ad Amsterdam con gli amici per trascorrere l’estate con lei, in una casa sperduta nelle campagne del nord della Francia, perché lei le ha promesso che se accetta, otterrà la tanto agognata macchina, e poi, perché lei sta morendo.
Aleksy altro non ha fatto che sognare a occhi aperti la morte della madre e ora, finalmente, dovrà solo sedersi e aspettare.
E tra le stanze polverose e i sentieri erbosi che circondano il cottage francese, questi due estranei si riscoprono, tentano di costruire un rapporto che non c’è mai stato, si conoscono, si ritrovano.
Più la madre si addentra nel buio della morte, più Aleksy avanza nei sotterranei della sua mente, illuminati da quegli occhi verdi, e inverosimilmente la distanza che sembrava incolmabile tra i due si accorcia, le ferite del passato si rimarginano, lo squilibro mentale e il caos si placano.
Più la madre si spegne, più Aleksy si accende di una nuova luce e vitalità.
Non ci sarà un lieto fine, questa vacanza ha una data di scadenza che non ammette proroghe.
Ma segnerà per sempre l’esistenza di questo bambino trascurato che in un’estate è diventato un uomo.
Il testo è denso, feroce, travolgente; la prosa a tratti lirica e scorrevole, a tratti dura e tagliente.
Un romanzo indimenticabile, scritto su più piani temporali, narrato in prima persona da un protagonista spezzato, in conflitto con il mondo e con sé stesso, con il suo passato e con il suo presente.
I salti temporali ci portano a scoprire cosa ha frantumato questo rapporto, che cosa ha diviso inesorabilmente madre e figlio.
Agosto, sì, adoro i libri strazianti e dolorosi.

Un romanzo che resta nel cuore.
Una famiglia sconvolta da una tragedia per generazioni, segreti, silenzi, sotterfugi. Indagini condizionate da pregiudizi, una vittima che viene colpevolizzata più del suo carnefice.
In questo romanzo corale attualissimo, troviamo il dolore della perdita in tutte le sue sfaccettature.
Il dolore delle madri, il dolore dei sopravvissuti. Il dolore di chi si tiene tutto dentro, fino ad implodere. Ma vi troviamo anche speranza, amore, dolcezza.
Un sensazionale esordio per Roberta Recchia, con un paio di note dolenti qua e là, ma trascurabilissime vista la potenza e la carica emotiva travolgente.
Un libro da cui non riuscirete a staccarvi! Ve ne ho parlato qui.
Spero di avervi ispirato!
Che ne direste prossimamente se vi parlassi dei flop?
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